iltennista

geometrie non euclidee

Mese: luglio, 2012

Un tempo qui

Si parla di un ragazzo morto facendo il bagno. A causa, sembra, di una congestione nell’acqua molto fredda dei giorni scorsi. Ha avuto la forza di tornare a riva, morire sugli scogli, e tutto questo dovrebbe avere qualcosa a che fare con la nostra vita, intuisco. Mi dicono che un conoscente è un uomo molto intelligente, sono d’accordo, che l’acqua è pulita e calda, fin qui ci siamo.

Mia figlia indica una donna di pelle nera, con il chador, che a pochi metri dalla spiaggia stende un foulard e prega verso est. Le spiego cosa succede, annuisce, la sua amichetta è interdetta, esclama,

– ma non prega Dio!

le rispondo che sì, prega il suo Dio, che somiglia al nostro. Entrambi hanno molti misteri.

Penso che quando l’essenza divina viene celata, si crede che a una sottrazione di chiarezza corrisponda un aumento di potenza e veracità. Porre qualcosa nell’inconoscibile – al di là del linguaggio – non rende quel qualcosa superiore (ciò che si sottrae alle regole, si sottrae a qualsiasi scala di valori).

Fa di nuovo caldo, il vento di nordovest pulisce i pini dagli aghi secchi. Rileggo l’Iliade, di cui avevo quasi completamente dimenticato la struttura. Faccio passare il tempo mettendomi cortesemente su un lato.

Giza

Il campo è ancora umido, scivoloso, così palleggiamo per un’ora e trequarti. Tiriamo un numero di colpi che basterebbe per dieci partite, alla fine abbiamo il braccio indolenzito. La spiaggia, il sole e il mare non mi piacciono, resto a casa. Lavoro quanto posso. Nel pomeriggio improvviso una lezione di tennis col piccolo, che all’inizio cerca di fare dei fuoricampo muovendo la racchetta a velocità supersonica. Lo calmo con dei giochi in cui lo scopo è fermare la pallina, colpirla piano. Costruisce piramidi gialle con le palline, gli bastano solo per due, Cheope e Micerino. Verso il tramonto il mare è molto bello, caldo e trasparente, vorrei nuotare più a lungo ma i muscoli delle spalle mi fanno male.

Lo straordinario dell’assenza di pensieri è che li si percepisce tutti, nascosti là dietro.

Una certa confusione

La mattina presto il campo da tennis è allagato, passo in spiaggia e al largo, verso est, c’è uno squarcio azzurro vasto e accecante, il mare è piatto finché non arrivano cinque, sei onde alte un paio di metri che frangono e, a saperle prendere, ti portano fino a riva. Le serie sono divise da un intervallo di una quindicina di secondi, in cui si sta in acqua come statue ad aspettare. Col piccolo facciamo un paio di bagni, poi si stanca e torna a casa. Parlo con gli amici di e-book, della possibile morte delle librerie, del sapere che può diffondersi.

I colleghi sono tutti in ferie, non ho molto lavoro. Passo il primo pomeriggio a pulire il cortile dalle raffiche di scirocco che stanotte hanno coperto tutto di aghi di pino. Andiamo al campo da tennis con delle scope per togliere una pozza d’acqua larga e profonda, proprio al centro. Appena finiamo arrivano delle nuvole grigio piombo, soffuse, ora piove.

Pioggia

Da metà luglio, come ogni anno, si inizia a parlare della cena di Ferragosto. Piccole polemiche, ripicche, rivalse, speranze, a Ferragosto finisce l’estate, un capodanno malinconico. Salsicce, bracieri, l’anno scorso la nostra festa è stata abbastanza movimentata, mentre a pochi metri, intorno al falò, persone sedevano in circolo parlando del più e del meno.

La pioggia tenace getta tutti nello sconforto, il piccolo invece si precipita sulla riva e, sebbene le onde siano poco alte, si tuffa gridando

– Che bello!

Poi corre con la bicicletta nelle pozze coprendosi di fango tutta la schiena. Torniamo a casa, fa la doccia e vuole essere asciugato con cura perché sente freddo. La più grande lo aiuta a fare i compiti mentre sono in giro. Quando torno giochiamo un po’ ad “Aeroporto”, sposto il tavolo per la cena sotto un punto più riparato, visto che il tavolo dentro è occupato dall’aeroporto del maschietto.

L’estate è integralmente tempo meteorologico. Non vi è alcun posto per stati d’animo.

Caldo e freddo

Vado poco in spiaggia, è abbastanza difficile capire cosa faccia tutto il giorno a parte il lavoro, del quale non conservo alcuna traccia e che quindi sembra evaporare insieme alle sue ore. La somma delle piccole attività fa la differenza: la spesa, la cucina, lo sport, le chiacchiere e l’instancabile inseguimento del piccolo per fargli fare i compiti. Sto capendo a poco a poco il comportamento del nuovo windsurf, chissà che con la prossima perturbazione, di cui si vocifera sia una sorta di tre giorni glaciale, non arrivi un vento degno di questo nome. Il piccolo ha voluto nuovamente provare a tirar su la vela, e anche nel rinnovato fallimento si misurava con l’attrezzatura sfidandola e insultandola.

Sulla riva le donne con cui parlo considerano quanto sia bella la sofferenza d’amore, ma solo se si ha ragione (l’altro è cattivo e si è ingiustamente vittime di una gratuita cattiveria). Ti ci puoi avvolgere, dice una.

Sul web sono stupito da discussioni su cosa sia la felicità, sulla divisione tra mente e cuore. Come altrove sarebbe fatto con Aristotele o Hegel, si citano quali maestri Fabio Volo e Hermann Hesse, attendo l’ingresso nell’olimpo dei maestri di pensiero di Moccia o il recupero di Alberoni.  Altrove si parla della dimostazione ontologica dell’esistenza di Dio, o del suo contrario. Si cita Zichichi.

E’ ormai evidente che il pericolo non è il pensiero ma il suo uso.

 

Da qualche parte

Sul campo, sia io che l’avversario ci produciamo in una serie imbattibile di passaggi a vuoto, con errori gratuiti, colpi spediti due metri fuori, palle elementari steccate o mandate a rete. Credo ci sia una sorta di tepore emozionale, il fatto di stare bene a prescindere, e che anzi la partita di tennis, sebbene necessaria e sufficiente, possa starsene sullo sfondo, e che in primo piano ci siano le ombre, il sole, persino l’arrotino che si ferma davanti al campo con l’altoparlante che esclama a tutto spiano, almeno due minuti, forse sperando che noi si debba affilare le racchette.

In mare, osservo un nuotatore che dà vigorose bracciate a dorso. Muove le braccia velocemente, con forza, ma a questo dinamismo non si associa ciò che mi aspetto. In un minuto, calcolo, il forsennato atleta copre nemmeno venti metri. Insomma, andrei più veloce io che sono un dichiarato ferro da stiro.

La spiaggia è talmente più vasta rispetto all’anno scorso che tutti se ne sono finalmente accorti; è tornata la bassa marea col novilunio, spiego al piccolo come tuffarsi nell’acqua di riva, alta pochi centimetri, senza graffiarsi la pancia sul fondale, gettandosi sopra la cresta dell’onda mentre frange. Un indispensabile bagaglio tecnico che risale ai fortunati anni dell’adolescenza, quando l’assolutamente inutile era della massima utilità. Arriva la più grande che s’allea col piccolo, ingaggiamo una feroce battaglia a palle di sabbia, poi tutto si placa, il sole si abbassa e il vento rasa il mare che diventa serio, grave nel suo indaco profondo mentre l’orizzonte brilla come un paese lontano e misterioso.

Bonaccia

Dove la spiaggia finisce, verso la strada, un uomo con il fisico da subacqueo parla, argomenta, gesticola, spiega a qualcuno che è davanti a lui una situazione evidentemente scabrosa. L’uomo però è assolutamente solo, non c’è nessuno nel raggio di trenta metri. Cerchiamo di capire se ha il telefonino con l’auricolare, ma la doccia che fa più volte esclude anche questa possibilità.

Il mare è luminoso, la mattina presto il sole basso lo fa brillare e quasi dispiace increspare la superficie dorata col tuffo e con qualche bracciata. Lascio la maglietta zuppa di sudore del tennis ad asciugare sulla sdraia.

Le frasi sulla spiaggia riprendono come se la settimana, l’anno, fossero durati un secondo. Lutti, problemi di lavoro, espressioni assorte e progetti.

Deve essere colpa dell’egemonia linguistica del luogo comune se facciamo sempre le stesse cose senza cogliere in esse l’elemento di profonda novità.

Ovest

Il Ponente tira leggermente da terra, il mare diventa piatto, calmo, l’acqua della riva si raffredda spinta verso il largo. Le raffiche increspano la superficie, si possono notare cento metri prima, per preparare la planata. Un altro windsurfer non riesce a rientrare e atterra a mezzo miglio dalla baia da dove è uscito, trascina la sua tavola nell’acqua bassa. Risalgo il vento, faccio qualche bordo ma la brezza cade, riprende brusca, fa salti. Torno a riva, stufo, recupero anche la tavola che il piccolo ha voluto per giocarci. Correva nell’acqua bassa gridando,

– chi vuole fare un giro sul windsurf?

Poi va sul molo e scivola graffiandosi il torace.

L’acqua è molto bella, pulita e fresca, nuoto un poco. Mentre torno verso casa mi dicono ridendo che a quanto pare  la fatica più grande è armare la tavola. Lo pensavo anch’io, ma poi basta farlo un paio di volte e diventa facile.

Sulla strada passano senza pause le automobili del fine settimana. Lavoro un altro paio d’ore, cucino, non ascolto più musica malinconica.

Le ragazze

Durante la settimana la spiaggia è popolata quasi completamente da donne. Sedute, sdraiate, adagiate al sole, leggono all’ombra grandi libri di Ken Follett, passeggiano sulla riva, in acqua spingendo le anche in avanti. Giovani ragazze corrono avanti e indietro nell’acqua, giocano a beach volley con i ragazzi, parlano fitto o stanno sotto gli ombrelloni a scrutare i telefonini. Una ragazza fuma mentre è immersa fino alla vita, la guardiamo e scommettiamo che spegnerà la cicca in mare e la getterà davanti a sé. Lo fa con gusto, lanciandola a qualche metro con un movimento delle dita, quello che si usa per dare la spinta alle palline di plastica sulle piste di sabbia. Un tempo nelle palline c’erano gli assi del ciclismo: Gimondi, Zandegù, Merckx, Baronchelli, con cappellini da dopolavoro e l’espressione che non diceva nulla sulla fatica bestia.

Il tennis del mattino è ormai necessario per smaltire la birra della sera, che è buona, fredda e frizzante. Il tennis a volte va bene, altre no, rompo le corde, consumo palline, sembra già un ricordo il sole basso; ieri c’era una nebbia rada, oggi il sole è andato via coperto da cumulonembi che hanno scaricato pioggia, mezz’ora dopo che avevamo finito.

Da qualche giorno il vento è sparito, sulla tavola cominciano ad ammucchiarsi fiori secchi, polvere,. aghi di pino. L’abitudine rende tutto, già adesso, un ricordo.

Sarà l’aria

La persona con cui scambio qualche parola mi dice

– c’è un’atmosfera strana oggi

Conveniamo che sembra di vedere sempre la stessa scena, ma non è la stessa cosa che vuole dire lei. Suggerisco che a volte sembra irreale, annuisce. Parliamo dei figli, l’aria è ferma, azzurra, il mare scivola di lato, sguscia come un tappeto celeste tirato da una mano invisibile, sulla costa più lontana verso est.

 

 

Ivano Mingotti

Docente formatore, attore, autore

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